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freno ferroviario ad aria compressa

Il freno ad aria compressa, nella sua forma originaria di freno continuo e automatico, è una delle tante invenzioni di George Westinghouse (New York, 1846-1914); nella sua prima versione, fu ideato nel 1869, quando l’inventore era ancora alla giovane età di 22 anni. E’ sicuramente l’invenzione che ha avuto, nel mondo industriale, la maggior diffusione in assoluto.

Alcune definizioni

Nel presente articolo si tratta esclusivamente dei freni adottati sui rotabili su rotaia, di tipo pneumatico, ossia tali che l’elemento che agisce nell’impianto frenante è aria ad una opportuna pressione.

  • Freno moderabile: qualsiasi tipo di freno che sia graduabile, ossia l’azione del quale possa essere graduata su comando del macchinista. Si possono avere freni moderabili solo alla frenatura e freni moderabili alla frenatura e alla sfrenatura. Un freno non moderabile ammette solo due posizioni: rotabile frenato e rotabile non frenato.

  • Freno ad azione diretta: freno nel quale il dispositivo di comando (rubinetto) alimenta direttamente gli elementi attuatori (cilindri) del freno.

  • Freno ad azione indiretta: freno nel quale il dispositivo di comando (rubinetto) invia un segnale ad un apparato che alimenta gli elementi attuatori (cilindri) del freno.

  • Freno automatico: freno che si aziona automaticamente in particolari situazioni di emergenza, ad es. per rottura del convoglio.

  • Freno continuo: freno che agisce simultaneamente su tutti i rotabili di un convoglio.

  • Frenatura rapida: la massima azione frenante che può ottenersi da un dato impianto; la frenatura rapida è tipica, ed es., dell’intervento del freno automatico.

I freni ad azionamento pneumatico sono fondamentalmente di due tipi:

  1. freni ad aria compressa, nei quali l’azione frenante è determinata da aria a pressione superiore alla atmosferica;

  2. freni a depressione, detti anche a vuoto, nei quali l’azione frenante è determinata da aria a pressione inferiore alla atmosferica.

I freni di cui in a) sono quelli attualmente di impiego generale in ferrovie e tramvie. I freni di cui in b) sono stati molto usati in passato in ferrovia (reti del Regno Unito) e su tramvie extraurbane e ferrovie leggere (reti di origine austro ungarica), ma sono attualmente caduti del tutto in disuso; non se ne tratta in questa sede.

Nota. – Utilizzeremo sempre il kg/cm2 quale unità di misura della pressione e si ha: 1 kg/cm2 = 1 atmosfera tecnica (at o atm) = 10 metri di acqua = 735,56 mm di mercurio.

Elementi del freno

Elementi del freno ad aria compressa presenti in tutti i tipi di impianto sono (ved. figure seguenti):

  • un serbatoio di aria compressa SP, serbatoio principale, caricato ad una pressione variante tra i 3 e i 7 kg/cm2 a seconda del tipo di impianto e del costruttore;

  • un compressore CMP per la carica di SP, che può essere azionato da un asse del veicolo (compressore assiale) o da un motore proprio (motocompressore), che aspira aria dall’esterno attraverso un filtro di aspirazione fa e la immette in SP eventualmente tramite una valvola di ritegno vr necessaria per evitare che il serbatoio si scarichi a ritroso a compressore fermo se la valvola di mandata di questo difetta di tenuta;

  • uno o più cilindri del freno CF, nei quali la pressione dell’aria, agendo sulla superficie di un pistone, dà luogo alla forza che, accostando i ceppi dei freni alla periferia delle ruote (freni a ceppi) o le pinze frenanti alle superfici dei dischi (freni a dischi), frena il rotabile;

  • un rubinetto di comando R a disposizione del macchinista con il quale si regola l’azione frenante;

  • varie condotte che collegano gli elementi di cui sopra e alcuni organi accessori, quali il manometro m di controllo e la valvola silenziatrice di scarico sc.

Il compressore assiale è stato utilizzato sui veicoli tramviari fino alla fine degli anni Venti; successivamente è stato ovunque sostituito dal motocompressore. Su rotabili bidirezionali dotati di posto di condotta (motrici o rimorchiate pilota) i rubinetti e i manometri sono duplicati; nel caso di treni di più rotabili le condotte passano da un rotabile all’adiacente attraverso gli accoppiatori pneumatici ap, connessioni flessibili poste sulle testate dei rotabili o, in alcuni casi, attraverso passaggi ricavati negli organi meccanici di accoppiamento.

Si hanno due tipi fondamentali di freno ad aria compressa, il freno diretto e il freno automatico.

Freno diretto

E’ il tipo più semplice di freno ad aria compressa. Attraverso il rubinetto R, alimentato dalla condotta del serbatoio cs, è possibile immettere più o meno aria nella condotta del freno cf e regolare quindi la pressione agente nei cilindri del freno CF e di conseguenza l’azione frenante; per ridurre l’azione frenante si scarica parzialmente aria da R, riducendosi la pressione in CF. L’azione frenante massima si ha ponendo in comunicazione diretta le condotte cs e cf; l’allentamento completo del freno si ha ponendo la cf in comunicazione con l’atmosfera; con il manometro m si controlla la pressione regnante in cf e, talvolta, quella in cs (manometro a doppio indice). La cf si estende agli eventuali rotabili accoppiati (rimorchiate o motrici accoppiate) attraverso gli accoppiatori ap e i CF di tutto il treno risultano quindi alimentati simultaneamente. Il rubinetto del freno ha le seguenti posizioni:

  • pos. 2, posizione neutra: la comunicazione tra SP e cf è interrotta e si mantiene il grado di frenatura precedentemente raggiunto, che può anche essere nullo se il treno è stato precedentemente sfrenato. E’ la posizione che va utilizzata durante la marcia del treno;

  • pos. 1, sfrenatura: la cf è posta in comunicazione con l’atmosfera e, se carica per una precedente frenatura, si scarica gradatamente e si riduce la pressione nei CF allentando i freni, se la sfrenatura deve essere interrotta, riportando la manetta in pos. 2 si interrompe lo scarico della cf;

  • pos. da 2 a 3, posizioni di frenatura moderabile: è aperta la comunicazione tra SP e cf attraverso un passaggio di dimensioni ridotte. Il macchinista, portando a più riprese la manetta del freno da una posizione intermedia tra le 2 e 3 alla 2 e viceversa, carica gradualmente la cf e i CF, incrementando l’azione frenante; in pos. 3, ultima posizione di frenatura moderabile, la comunicazione tra SP e cf è data da una luce di maggiori dimensioni e la pressione nella cf tende ad eguagliare rapidamente quella del SP.

Nota. – La manovra indicata per il rubinetto è valida per i rubinetti ad azione diretta, utilizzati in trazione tramviaria fino alla fine degli anni Venti; successivamente sono entrati nell’uso irubinetti autoregolatori, che per ogni posizione nella zona tra le pos. 2 e 3 danno una pressione prefissata nella cf  senza necessità di dare aria a più riprese.

Pregi del freno diretto sono:

  • la semplicità dell’impianto;

  • la moderabilità sia in frenatura che in sfrenatura;

  • la rapidità di azione, se confrontata con quella di altri tipi di freno, sia in frenatura che in sfrenatura;

  • la necessità di una sola condotta tra i rotabili di un treno.

Accanto a questi pregi, il freno diretto presenta però alcuni inconvenienti, quali:

  • l’essere non automatico, ossia non in grado di intervenire automaticamente in caso di rottura del convoglio ed anzi di essere inutilizzabile per rottura della condotta;

  • avere un’azione sempre meno efficace man mano che ci si allontana dal rotabile di testa o, più in generale dal rotabile di comando, spostandosi verso l’altra estremità del treno, ciò che ne rende impossibile o quanto meno critica l’adozione su treni composti di più di quattro o cinque rotabili.

A causa di questi inconvenienti, il freno diretto è raramente impiegato da solo.

Freno automatico Westinghouse

La categoria dei freni automatici comprende un notevole numero di tipi di freni ad azione indiretta; ci riferiamo qui al tipo inizialmente più diffuso, il freno continuo e automatico con comando a depressione tipo Westinghouse.

Dallo schema si nota subito l’azione indiretta di questo tipo di freno: la condotta del freno cf è limitata ad un breve tratto in ogni rotabile, collegata ad un particolare organo di comando, lavalvola tripla VT; lungo il treno corre la condotta di comando, condotta generale cg, che fa capo alle valvole triple ed ai rubinetti di comando. Ogni rotabile è poi munito di un serbatoio ausiliario del freno SA, per l’alimentazione della cf e dei cilindri del freno in frenatura. Il comando di frenatura si ha per depressione nella cg, ossia scaricando aria dalla cg; inversamente, caricando la cg, ossia aumentando in essa la pressione, si ha l’allentamento dei freni. Il rubinetto del freno ha ancora tre posizioni fondamentali, che agiscono però in modo diverso dal rubinetto del freno diretto e precisamente:

  • pos. 2, posizione neutra: è interrotta la comunicazione tra le varie condotte e si mantiene il grado di frenatura precedentemente raggiunto, che può anche essere nullo se il treno è stato precedentemente sfrenato. E’ la posizione che va utilizzata durante la marcia del treno;

  • pos. 1, sfrenatura: la condotta generale cg è posta in comunicazione con il serbatoio principale SP attraverso una valvola di riduzione della pressione rp (se la pressione in SP è ad es. 7,5 kg/cm2 la pressione dopo la rp potrà essere di 5,5 kg/cm2); la ricarica della cg porta, attraverso la valvola tripla VT, alla ricarica dei serbatoi ausiliari SA di tutti i rotabili del treno e alla scarica dei cilindri dei freni CF, allentando i freni;

  • nel settore da pos. 2 a 3, posizioni di frenatura moderabile: la condotta generale cg si scarica nell’atmosfera e in questa riduzione di pressione consiste il comando per la valvola tripla VT, che apre la comunicazione tra il serbatoio ausiliario SA e il cilindro del freno CF, iniziando la frenatura del treno. Questa frenatura è doppiamente moderabile, in quanto, oltre alla possibilità di interrompere la scarica della cg riportando momentaneamente la manetta in pos. 2, nelle successive posizioni tra la 2 e la 3 la luce di scarico della cg aumenta progressivamente di dimensioni.

  • in pos. estrema 3 la luce di scarico della cg è di dimensioni tali da scaricare il più rapidamente possibile la condotta, portando la pressione nei CF al valore di pressione presente nel SA e ottenendo rapidamente il massimo grado di frenatura possibile (frenatura rapida).

Lo scarico immediato della condotta generale si può avere, oltre che portando la manetta del freno in pos. 3, anche:

  1. per rottura dell’accoppiamento della stessa condotta tra i rotabili, in caso di rottura di un gancio e in ciò consiste l’automaticità del freno;

  2. per intervento di un segnale di allarme azionato da un viaggiatore; il segnale di allarme è in realtà un rubinetto che scarica la cg.

Apparecchiature del freno automatico

Nota. – Il freno automatico ha oggi raggiunto quasi un secolo e mezzo di vita ed è chiaro che in questo tempo innumerevoli sono state le varianti e le modifiche subite dal freno originario, alcune andate a buon fine e utilizzate in pratica, altre, anzi molte, che non hanno avuto seguito; ma si può veramente dire che il freno pneumatico di oggi ricorda molto da vicino quello inventato dal George a 22 anni. L’impianto che qui descriviamo con qualche semplificazione è quello largamente utilizzato nei primi decenni del secolo XX.

Il cilindro del freno

Nel cilindro C scorre a tenuta un pistone P che aziona con l’asta A la timoneria del freno; il pistone si può spostare sotto l’azione dell’aria compressa immessa dal foro f, mentre in assenza di pressione è riportato in posizione iniziale (tutto a destra nella figura) dalla molla M. Il foro v permette l’uscita dell’aria nella parte opposta all’entrata nell’avanzamento dello stantuffo. Inoltre, dato che una piccola fuga d’aria dalla valvola tripla porterebbe un po’ alla volta il pistone a fine corsa con completa frenatura del rotabile, nella parete del cilindro, a poca distanza dalla base, è praticata una scanalatura u che scarica quest’aria al di sopra del pistone; con l’immissione di aria in quantità maggiore il pistone si sposta e la scanalatura è superata.

Il rubinetto di comando

E’ formato da un corpo P chiuso da un coperchio C, contenente il dispositivo valvolare formato dalle due superfici S e C a contatto; mentre la S è ferma, la V può ruotare, restando a contatto con la S, a mezzo dell’albero A comandato dalla manetta M; all’interno della manetta un puntale p è premuto a molla contro il bordo superiore del corpo del rubinetto, dotato di intacche per sensibilizzare le diverse posizioni assunte dal rubinetto. Il rubinetto ha tre uscite; cs per la condotta del serbatoi, cg per la condotta generale, sc per lo scarico nell’atmosfera; le superfici S, V sono dotate di fori di forma e grandezza opportune per realizzare le volute connessioni tra le tre uscite nelle diverse posizioni della manetta:

  • in pos. 1, sfrenatura, la cs e la cg sono collegate dai fori f e g e si ha la ricarica della condotta generale;

  • in pos. 2, posizione neutra, è interrotta ogni comunicazione tra le condotte;

  • in pos. 3, frenatura moderabile, la condotta generale, attraverso le fenditure we il foro h, è posta in comunicazione con l’atmosfera; la moderabilità del freno consegue (oltre che alla possibilità di immettere brevemente aria a più riprese tornando ripetutamente alla pos. 2)  alla particolare forma della fenditura x che aumenta gradatamente l’area di passaggio dell’aria nello spostamento della manetta da pos. 2 a pos. 3. Nell’ultima posizione della manetta verso la 3 la cg è posta in comunicazione con l’atmosfera da un’area di passaggio tale da avere la rapida scarica dell’aria (frenatura rapida).

La valvola tripla

Permette il collegamento tra la condotta generale e il serbatoio ausiliario, tra il serbatoio ausiliario e i cilindri del freno, tra i cilindri del freno e l’atmosfera. Consta:

  • di un corpo in due parti A e B; la B porta nella parte inferiore un cursore T (cursore di graduazione) riportato in posizione di riposo da una molla M e

  • di un pistone S che agisce, tramite il suo stelo, sul cassetto di distribuzione C e su una valvola costituita da un foro di scarico v che può essere chiuso dall’otturatore V (valvola di graduazione); al disopra del pistone regna la pressione del serbatoio ausiliario SA, al di sotto dello stesso si ha la pressione della condotta generale cg.

Nella figura sottostante la valvola tripla è rappresentata nella condizione in cui si trova con il rubinetto del freno in pos. 1, ossia durante una sfrenatura: la pressione nel SA si è precedentemente ridotta e lo stesso è in ricarica dalla cg. il pistone S, anche se inizialmente in altra posizione, si sposta nella posizione superiore per effetto dello squilibrio di pressione sulle sue facce e nella posizione estrema in alto apre la fessura di alimentazione k che permette all’aria della cg di passare nel SA. Simultaneamente il cassetto C, spinto dallo stelo del pistone verso la posizione estrema in alto, apre in p e q la comunicazione tra cilindri del freno e l’atmosfera (è la fase nella quale, dopo l’arresto del treno, i treni di una volta emettevano il lungo sibilo dei cilindri in scarica; adesso con qualche silenziatore ci hanno tolto anche quello)..

Le cinque immagini seguenti rappresentano la valvola tripla in altrettante situazioni.

In fig. 2 il macchinista, dopo aver riportato il rubinetto in pos. 2, passa in una posizione intermedia tra le 2 e 3, avviando il graduale scarico della cg. La pressione sulla faccia superiore del pistone S resta costante essendo quella del SA, mentre la pressione sulla faccia inferiore diminuisce; il pistone inizia lentamente a scendere verso il basso, per prima cosa chiudendo la fessura di alimentazione k e aprendo la valvola di graduazione V; si appoggia poi con la sua parte superiore s sul cassetto di distribuzione e lo trascina verso il basso (fig. 3) chiudendo la comunicazione tra cf e atmosfera (luci p e q) ed aprendo quella tra cf e SA attraverso il canaletto r del cassetto e il foro v della valvola di graduazione.

La pressione nel SA e di conseguenza quella sulla faccia superiore del pistone S iniziano quindi a descrescere a causa dela passaggio di aria nei cilindri dei freni; a questo punto possono darsi i due casi seguenti.

  1. Il macchinista seguita a mantenere il rubinetto in una posizione tra 2 e 3. La depressione creata nella cg si riduce ancora e il pistone seguita a scendere fino ad appoggiarsi al cursore di graduazione T comprimendo la molla M (fig. 4); seguitando la carica dei cilindri dei freni, la pressione in SA diminuisce ulteriormente fino a che è superata dalla tensione della molla M che si trova compressa: il pistone inizia a risalire chiudendo gradualmente la valvola di graduazione (fig. 5) e di conseguenza riducendo gradualmente l’afflusso aria da SA ai cilindri dei freni. In questo movimento il cassetto non risale per l’attrito contro la parete della camera A (è premuto contro la stessa da una molla non rappresentata nelle figure) e la situazione resta stabile.

  2. Il macchinista riporta il rubinetto in pos. 2. La discesa del pistone S si arresta senza che lo stesso possa appoggiarsi sul cursore di graduazione e si riporta poi, con lo stesso procedimento indicato in a), nella posizione stabile di fig. 5.

In caso di frenatura rapida la cg si scarica completamente e il pistone S si sposta in basso appoggiandosi al fondo della camera e comprimendo fortemente il cursore di guaduazione; nella sua discesa il pistone trascina il cassetto fino alla posizione limite inferiore, aprendo completamente la comunicazione tra SA e cilindri del freno (fig. 6); il pistone non può ora risalire visto che la pressione nella cg si è annullata; potrà risalire solo dopo ricarica della condotta, ossia riportando il rubinetto in pos. 1.

Osservazione. – E’ sempre possibile che dopo la ricarica della condotta conseguente ad una frenatura rapida qualche veicolo del treno, anche per difetti momentanei, tenda a restare frenato. Oltre a ciò, quando il freno automatico è applicato ad un convoglio tramviario con compressore assiale, dopo una frenatura rapida può essere impossibile ricaricare la condotta e sfrenare il convoglio se la pressione nel serbatoio principale si è abbassata ad un punto tale da impedire il funzionamento della valvola tripla e, non essendovi un motocompressore, non è possibile, a rotabili fermi, alzare questa pressione. In tutti gli impianti è quindi previsto un rubinetto per lo scarico manuale dei cilindri del freno, azionabile con un comando esterno ai rotabili (una specie di occhiello in filo di ferro sui vecchi rimorchi romani, che spesso i ragazzini si divertivano a tirare per il gusto di sentire il sibilo del cilindro in scarica, un giuoco che spesso finiva in scappellotti dispensati dai fattorini, allora essendo lecito usare questi deterrenti).

Dal funzionamento della valvola tripla si deduce che questo tipo di freno è bensì moderabile alla frenatura, ma non lo è alla sfrenatura; basta infatti portare momentaneamente la manetta del rubinetto in pos. 1 perchè inizi la scarica dei cilindri del freno, che non può in alcun modo essere arrestata perchè con il pistone S nella posizione estrema in alto (ved. fig. 1) sulla faccia superiore di S regna la pressione del serbatoio ausiliario in carica, in ogni caso minore di quella della condotta generale che agisce sulla faccia inferiore. Di conseguenza se la sfrenatura è stata iniziata, per avere un grado di frenatura inferiore al precedente occorre attendere la completa scarica dei cilindri per poi iniziare una nuova frenatura; l’operazione, oltre che lunga, è anche pericolosa potendo portare ad un eccessivo abbassamento della pressione nel serbatoio principale ad alla impossibilità di frenare efficacemente il treno.

Freno diretto e automatico di sicurezza

Il freno diretto, per il fatto di non essere automatico, è utilizzato da solo unicamente per i rotabili che non devono trainare rimorchiate, come è il caso delle motrici a carrelli utilizzate su molte reti tramviarie italiane (ad es. le MRS di Roma); in altri casi, quali la trazione tramviaria con convogli di motrici e rimorchi e la trazione ferroviaria leggera (specie su linee a scartamento ridotto), il freno diretto, impiegato per la sua caratteristica rapidità di frenatura e sfrenatura, è utilizzato simultaneamente ad un freno automatico, quest’ultimo in funzione di solo freno di emergenza, ossia senza la caratteristica della moderabilità.

Il freno di emergenza si applica quindi per rottura delle condotte flessibili (in conseguenza della rottura di un gancio), per intervento di un segnale di allarme se presente o dall’ultima posizione del rubinetto del freno; quest’ultimo ha quindi almeno le quattro posizioni seguenti:

  • pos. 1, scarico cilindri in frenatura diretta e ricarica condotta generale dopo frenatura automatica;

  • pos. 2, posizione neutra;

  • settore da pos. 2 a pos. 3, freno diretto;

  • pos. 4, freno di emergenza.

Nello schema sottostante si nota che la condotta del freno diretto alimenta i cilindri del freno passando attraverso la valvola tripla, disposizione necessaria perchè la valvola tripla deve intercettare la condotta del freno diretto durante l’applicazione del freno automatico o di emergenza; in caso contrario, se la la manetta del freno si trova in pos. 1 (scarico dei cilindri), la frenatura automatica (di emergenza) azionata ad es. per rottura della condotta non avrebbe efficacia, l’aria immessa nei cilindri potendo sfuggire a ritroso dalla stessa condotta. La valvola tripla, in questo caso, ha una funzione in più oltre quelle cui si è prima accennato.

Sembra che l’impianto di frenatura dei rotabili SRTO dotati di freno pneumatico sia stato dotato di un rubinetto a cinque posizioni, con la frenatura di emergenza in pos. 5 e con il settore da pos. 4 a 5 che consente un’applicazione moderabile del freno automatico. Si veda in: Un ordine di servizio SRTO sui freni.


Per non complicare il disegno la motrice è stata supposta monodirezionale.

Impiego di valvole-relè

Nei convogli per servizio extraurbano con un limitato numero di rimorchiate limitato (ad es. fino a quattro) è ancora possibile adottare, per le caratteristiche sopraccennate, il freno diretto di servizio; per evitare che a causa della lunghezza delle condotte l’azione frenante ritardi e si riduca progressivamente andando verso la coda del treno, si ricorre alle valvole-relè che permettono un azionamento indiretto dei freni. In questo caso l’aumento di pressione nella condotta del freno diretto è intercettato dalla valvola-relè VR, che provvede ad alimentare il cilindro del freno prelevando aria dal serbatoio ausiliario del freno automatico.

Le valvole-relè sono state utilizzate, ad esempio, sulle motrici articolate Stanga della rete romana per la frenatura dei carrelli centrale e di coda, sui rimorchi a quattro assi delle tramvie dei Castelli e sui treni  bloccati e articolati extraurbani della ferrovia Roma-Fiuggi..

Successivi sviluppi; tipi di rubinetti

Il tipo di freno automatico prima descritto è quello impiegato all’origine di questa applicazione e, come è facile immaginare, con il trascorrere degli anni, anzi dei decenni, numerose sono le modifiche alle quali è stato sottoposto per migliorarne le caratteristiche, in primo luogo rendendolo moderabile anche alla sfrenatura ed  inesauribile, ossia tale da non potersi mai presentare la condizione di restare senza aria.

L’evoluzione del freno automatico è un argomento troppo vasto per poterne trattare in questa sede; vogliamo invece accennare all’evoluzione del rubinetto che, a parte alcune modifiche quali il passaggio del numero di posizioni da tre a cinque e qualche altro dettaglio, è restato quello descritto fino alla metà degli anni Trenta, quando è apparso, applicato inizialmente alla trazione tramviaria, il rubinetto autoregolatore. In questo, ogni posizione nell’arco della frenatura moderabile corrisponde ad un grado di frenatura ben definito, costante e non modificabile, Con l’autoregolatore il macchinista non deve dare aria a più riprese portando per un istante la manetta in una posizione di frenatura e riportandola subito dopo in posizione neutra per ripetere poi queste operazioni fino ad ottenere il grado di frenatura voluto, con la così detta manovra a ventaglio (i conducenti poco abili sventagliavano troppo…): è sufficiente che sposti la manetta in una posizione successiva alla neutra per ottenere un certo grado di frenatura, tanto maggiore quanto maggiore sarà stato l’arco per il quale la manetta è stata spostata. E’ in sostanza la traduzione in manuale del freno pneumatico a pedale già applicato in autotrazione, nel quale ad ogni posizione del pedale corrisponde un grado di frenatura; facilita grandemente la condotta dei rotabili, nei quali la manovra del freno col vecchio rubinetto richiedeva una dose non trascurabile di esperienza, specie con i freni non moderabili alla sfrenatura con i quali occorreva risparmiare aria.

Il rubinetto autoregolatore, apparso dapprima in trazione tramviaria, si vide sulla rete urbana di Roma per la prima volta sulle articolate MATER nel 1936; dopo la guerra soppiantò del tutto il vecchio rubinetto e a partire dagli anni Cinquanta si estese anche alla trazione ferroviaria.

Sistemi derivati

Dai due sistemi base freno diretto e freno automatico è stata derivata tutta una serie di sistemi, generalmente adottati sui rotabili tramviari e per ferrovie leggere, essenzialmente allo scopo di semplificare l’impianto frenante, ad es. eliminando la necessità di una doppia condotta, o di migliorarne le caratteristiche (prontezza di azione, moderabilità anche per il freno automatico, ecc.).

Un gruppo di dispositivi che ha trovato impiego abbastanza esteso è basato sulla possibilità di mantenere il freno diretto sulla motrice di un convoglio adottando per le rimorchiate il freno automatico, naturalmente azionando i due freni simultaneamente dallo stesso rubinetto; con ciò si concilia l’intrinseca rapidità del freno diretto con l’automaticità di quello automatico e tra i rotabili necessita una sola condotta. Tipi di freno che sembrano utilizzare questo principio sono il freno indiretto Böcker largamente utilizzato sulle reti tramviarie ungheresi e il freno Lambertsen entrambi a condotta unica; il freno Knorr III, che utilizza invece due condotte. Non ci è possibile approfondire l’interessante argomento perchè, purtroppo, non ne sappiamo di più.

Un esperimento dell’ATAG

Un freno diretto-automatico del tipo sopra indicato è stato impiegato su tutti i rotabili merci (locomotori e carri) della rete urbana romana, costruiti negli anni 1926-27.  Nel 1941 l’ATAG equipaggiò un treno di motrice e rimorchio a due assi (motrice 853 e rimorchio 446) con un freno automatico e moderabile denominato AM-1, che sembra seguisse molto da vicino la tecnica precedentemente adottata per i rotabili merci. Il convoglio era dotato di freno diretto sulla motrice e di freno automatico sul rimorchio, entrambi i freni essendo comandati da un rubinetto di tipo autoregolatore identico a quello già presente sulle articolate MATER e motrice e rimorchio erano collegati da una condotta unica; il freno automatico del rimorchio non era moderabile alla sfrenatura, che si aveva completamente al termine di quella della motrice. Questa caratteristica dava la possibilità di frenare praticamente solo sul rimorchio, bastando allo scopo che il conducente lasciasse la motrice solo leggermente frenata; sembra che questa possibilità fosse utile nelle lunghe discese. L’ATAG prevedeva di estendere il freno AM-1 su tutte le motrici ad otto moduli, modifica che fu però resa impossibile dalla guerra in atto.

Nell’immagine a fianco la posizione del braccio destro del conducente indica chiaramente che la motrice è dotata di rubinetto autoregolatore, montato sotto il vetro frontale, contrariamente al rubinetto del normale freno diretto che era montato sul montante destro del finestrino, a metà altezza.


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